Il testo che segue è scritto in risposta a un articolo di Massimo Scinoe (che a sua volta ne richiama un altro su un altro sito) sulla possibilita’ di fondare una nuova scienza: L’InformEtica sviluppata sulla falsariga della buioetica e con lo scopo di tutelare gli utenti della rete e delle nuove tecnologie dell’informazione da un TecnoControllo da parte dei governi. (in corsivo i termini usati dagli autori degli articoli analizzati)

Gli articoli di riferimento sono:

Sinceramente il termine informetica mi fa sorridere, in realtà una disciplina simile esiste già e si chiama Etica dell’informazione e su questa puo’ essere interessante spendere qualche minuto di riflessione…

ifoetica

La risposta all’ articolo di Scinoe su Shannon.it:

L’InformEtica (così ridefinita da Massimo Scinoe) nasce qualche anno fa come disciplina sotto il nome di Information Ethics; in italiano sarebbe quindi più corretto tradurla come etica dell’informazione: tale disciplina (chiamarla scienza forse è eccessivo) non può essere messa sullo stesso piano piano della bioetica.

Un’etica della biologia ha senso poiché la disciplina biologica ha in sé il concetto di bios (vita) e quindi va a interagire di per sé con aspetti che vedono coinvolte problematiche di campo etico.
Mentre ci interroghiamo in biologia sul fatto se sia giusto o sbagliato studiare le cellule staminali, in informatica questo dubbio non si pone.

Posta in termini etici le domande: è giusto o sbagliato usare un determinato linguaggio di programmazione? È giusto o sbagliato passare a sistemi informatici più avanzati? O altre simili, non hanno alcun senso se non riferite all’uso che successivamente viene fatto di queste (problema che, come abbiamo visto per le staminali, si pone invece a priori). Per questo non si fa riferimento a una possibile etica dell’informatica ma dell’informazione in senso lato che conseguentemente al massiccio uso delle tecnologie che viene fatto diventa di riflesso (e solo di riflesso) etica delle tecnologie relative all’informazione.

Quello di cui l’etica dell’informazione si occupa è appunto l’uso che le persone fanno degli strumenti informatici; in primis è un campo di riflessione destinato non ai governi ma agli operatori di settore in merito a come gestire e sviluppare le nuove tecnologie della comunicazione in modo bilanciato e progressivo per moderarne gli effetti sociali. A dimostrazione di questo riporto il link dell’IMIA (International Medical Informatics Association) che ha pubblicato un Codice Etico per una Sana Informazione Professionale.

Le “conseguenze culturali prodotte da determinate applicazioni delle teorie informatiche” non rientrano nei campi dell’etica ma dell’epistemologia, e sono a mio avviso (al momento) più importanti da comprendere. L’informatica non avendo a che fare direttamente con il bios (nel senso greco, chiaramente) è da un punto di vista etico un campo di indagine freddo e sterile (cosa diversa è l’informazione). Quello che dovrebbe essere studiato con attenzione è invece l’effetto che portano le nuove tecnologie allo sviluppo della cultura e della conoscenza umana, studio che come detto rientra in campo epistemologico.

Che l’etica dell’informazione sia una nomea per definire una meta-community che si occupi di questi temi è da verificare perchè per il momento in rete, di community, non ne ho trovate; i primi riferimenti all’ Ethics and information tecnology risalgono come detto a qualche anno fa. Si può fare riferimento per cominciare agli studi dell’Università di Stanford o a SpringerLink.

Il controllo è un aspetto che sicuramente invece rientra nei parametri dell’etica, ma con altro nome: è la libertà di espressione. Qui l’informatica è sicuramente coinvolta anche se c’è da osservare un fatto. Le maggiori possibilità di controllo sono compensante da una maggiore possibile capacità di espressione del singolo. Questa bilancia tra maggiore possibile libertà e maggiore possibile controllo è probabilmente il nodo centrale della questione. Se torniamo tutti a usare carta e penna per comunicare, hai voglia a tracciare i contenuti delle mail (lettere) in modo massiccio…

Il problema del GrandeG (e simili) non si pone più. In quest’ottica andrebbe anche rivisto il concetto di privacy. Se non voglio far sapere a tutti chi sono me ne sto a casa. Se esco mi prendo il rischio che qualcuno mi veda. Il principio è per me semplice: maggiore comunicazione, maggiori vantaggi, maggiori rischi. Certo i rischi vanno evitati il più possibile, ma se si vuole fruire dei vantaggi dei nuovi strumenti di comunicazione qualche rischio (almeno in questa fase storica) bisogna assumerselo.

In ogni caso l’etica non si impone ai governi (che in una democrazia dovrebbero essere rappresentanti del popolo) ma alle persone e, in questo caso, in primis agli operatori di settore.