Per concludere: ridefinire la globalizzazione

La mia mente è aperta, scriviamo qualcosa!

Paul Erdős

Time  is the only commodity that matter.

Randy Paush

Alla luce di quanto visto è quindi a mio avviso opportuno ridefinire il concetto di globalizzazione nel suo insieme, nato descrivendo il fenomeno dell’interazione commerciale e finanziaria dei mercati.

Il network, proprio dei sistemi di connessione diretta tra i sistemi informatici che reggevano i mercati, si è progressivamente esteso al largo pubblico per quanto riguarda l’accesso ai dati in prima istanza, ma soprattutto, e sempre più in maniera pervasiva, per quanto riguarda la possibilità di ogni singolo individuo di rielaborare i dati reperiti e produrne di nuovi.

La possibilità di organizzare i contenuti attraverso un principio di collaborazione sociale distribuita, grazie all’interazione coi new media digitali, offre una  reale opportunità di competere ed ottenere gli stessi risultati (se non migliori) che si raggiungevano con le tradizionali strutture di organizzazione gerarchica.

Modalità di approccio, procedure, percorsi sono articolati e molteplici e l’impresa può sembrare difficile, ma in realtà non è così, è solamente complessa; e la complessità è uno degli aspetti su cui abbiamo speso gli anni più produttivi della nostra storia: chi nasce oggi e ha un regolare accesso alla nuvola vive un processo di crescita, formazione, educazione che, per qualità e quantità, non è possibile paragonare all’esperienza di nessuna delle generazioni passate.

Gli effetti di questa continua stimolazione a livello di sviluppo cerebrale non sono ancora calcolabili.

Ma cosa sono i “dati” che ci scambiamo? Informazioni, certo, ma che tipo di informazioni?

Queste domande furono fatte a me e ai miei compagni di corso nel 2004 durante una lezione di sociologia della comunicazione in un corso sull’ICT.

La domanda era provocatoria e ha ovviamente aperto la discussione senza poi raggiungere una conclusione che fosse comunemente condivisa.

Oggi però penso di poter dare una risposta precisa, che può anche spiegare la necessità e l’inevitabile fenomeno di penetrazione degli strumenti digitali nel nostro modo di comunicare.

In passato i “dati” erano fondamentalmente testi e immagini, e la tecnologia necessaria per realizzarli era costituita da strumenti semplici (dal bastone per scrivere sulla sabbia in poi).

Gli strumenti si sono evoluti fino a oggi: tutte le informazioni che ci scambiamo sono state trasformate in modo tale che le varie piattaforme siano in grado di leggerle, elaborarle e ritrasmetterle.

Dall’HTML al codice binario, quello che alla fine ci scambiamo ogni giorno è codice, e la necessità di usare i sistemi digitali per accedere alle informazioni è quindi divenuta indispensabile nel processo che coinvogerà tutti gli individui del pianeta indipendentemente dal loro livello di educazione, status sociale, cultura e condizione economica.

Siamo già entrati da qualche anno in una rivoluzione che porterà a una radicale trasformazione dei sistemi organizzativi istituzionali che hanno retto il mondo sinora, in questo contesto mi piace ripensare al termine globalizzazione come a quel periodo della storia in cui gli esseri umani hanno raggiunto tre obiettivi.

Abbiamo fissato il nostro numero sul pianeta (oggi la media mondiale di figli per coppia è 2), abbiamo una conoscenza diffusa delle risorse disponibili sul pianeta e abbiamo sviluppato un sistema di comunicazione diretto universale dove riversare il nostro sapere e creare gli strumenti che ci consentiranno di gestire le risorse che abbiamo a  disposizione in funzione delle nostre necessità.

Se da una parte l’accelerazione esponenziale dello sviluppo tecnologico non è mai stata cosi’ rapida non siamo mai neanche stati così evoluti come oggi per affrontare questa nuova sfida.

Buon divertimento.