Giocare: teoria dei giochi e coinvolgimento
“I giochi sono il media preferito dai giovani e per questo sono il futuro”
Robin Kent, CEO – Rebel Digital
1. Dall’Homo Ludens al “Game based Marketing” – 2. Il gioco? Una cosa seria – 3. La ludificazione del mondo –4. La generazione G: analisi e dibattiti – 5. Che cosa c’è in gioco? – 6. Realtà virtuale, realtà “aumentata”, realtà “alternativa”
1. Dall’Homo Ludens al “Game based Marketing”
1939: Homo ludens di Johan Huizinga si impone come un’opera ineludibile per un nuovo corso degli studi storici e sociali.
La tesi di Huizinga, per allora, è rivoluzionaria e mette a profitto, non solo il sapere storico, ma le recenti correnti del sapere sociologico e psicologico: l’esperienza del gioco come pratica sociale è essenziale per comprendere l’uomo al di là della dimensione di conoscenza/sapere (homo sapiens) e di quella del lavoro (homo faber) che fondano le organizzazioni umane. Il gioco è un tratto fondamentale dell’esperienza umana e contribuisce, per definizione, in modo decisivo allo sviluppo della cultura in quanto attività volontaria e intrinsecamente motivata.
1947: Nasce il primo gioco elettronico ideato e brevettato da Thomas T. Goldsmith Jr. e Estle Ray Mann.
1961: un gruppo di studenti del MIT, fra cui Steve Russell, programmò un gioco chiamato Spacewar! sul nuovo computer DEC PDP-1
Negli anni ’70/’90 del secolo scorso la cronologia dei videogiochi è un susseguirsi di espansioni, innovazioni e generazioni di prodotti.
Il nuovo approccio digitale ha potenziato a dismisura l’esperienza e la pratica del gioco a livello globale come strumento di crescita/apprendimento della “generazione digitale”.
2010: Stati Uniti. Wanda Meloni, direttrice dello studio di ricerca M2, incontra per la prima volta Gabe Zichermann, in occasione di una delle sue conferenze dedicate alla Gamification.Gabe è diventato uno dei pionieri del campo grazie al suo libro fresco di stampa, “Game based Marketing”, una delle “bibbie” del nascente settore d’impresa; tramite il suo sito web promuove ricerche sull’interazione tra le dinamiche di coinvolgimento proprie delle attività ludiche e i processi classici del sistema produttivo (come sopra indicati) analizzandone le discrepanze e cercando possibili punti di interazione.
Il mercato a cui fa riferimento è quello della consulenza in innovazione e sviluppo, proponendo a un target potenziale estremamente ampio gli strumenti per aumentare il livello di coinvolgimento del pubblico di riferimento, siano essi clienti, utenti, dipendenti, etc…
2012, mese di Ottobre: a 20 mesi di distanza, Wanda Meloni è a Berlino, sul palco del secondo Gamification Summit a presentare i dati delle sue ricerche sullo sviluppo del mercato specifico e sui tassi di crescita negli Stati Uniti nell’ultimo periodo. Le due giornate di conferenze e workshops sono registrate nei momenti più significativi e distribuite online su Fedora.TV. Le presentazioni sono pubbliche su Slideshare e caricate nel sito web ufficiale dell’evento, il social network dedicato (sviluppato sulla piattaforma Dopamine) è attivo e mentre Wanda Meloni fa la sua presentazione chi ascolta elabora le domande e le riflessione che posterà a fine intervento.
Il termine di gamification (traducibile in italiano in ludificazione) è stato introdotto per la prima volta nel febbraio 2010 da Jesse Scheel, un famoso Game designer americano, alla Dice Conference di Las Vegas durante la presentazione: “Al di là di Facebook”, e da allora l’interesse per il tema, come osserva Wanda Meloni, è in costante e vertiginosa crescita, come il conseguente mercato che vi si è creato intono.
Ma cos’è esattamente la ludificazione? Questa sembra essere la domanda sui cui tutti si continuano a spendere, la letteratura è ricchissima, le ricerche e i rapporti si susseguono a livello internazionale.
2. Il gioco? Una cosa seria
In sostanza la ludificazione è un processo attraverso il quale una attività umana viene potenziata grazie al coinvolgimento emotivo/fisiologico proiettato verso un miglioramento/superamento di chi vi prende parte; oggi su questo principio organizzazioni e gruppi di ogni genere si cominciano a muovere per capire come migliorare il proprio output operativo valorizzando e facendo crescere al tempo stesso le persone che vi sono coinvolte.
Il lavoro stesso perde progressivamente la sua struttura tradizionale di organizzazione gerarchico/militare per sconfinare nell’impegno volontario competitivo e collaborativo: il gioco.
L’industria dei videogiochi sta sviluppando piattaforme che consumano poca energia e che funzionano con la rete cellulare invece dell’Internet a banda larga cosicché giocatori di tutto il mondo, in particolare in India, Cina, Brasile, potranno connettersi online, incontrarsi, conoscersi, giocare. La previsione è di un miliardo di giocatori in più nel prossimo decennio. Questo ci porterà a 1.5 miliardi di giocatori abituali: un percorso antropologico di innovazione radicale dei comportamenti umani e della socialità.
3. La ludificazione del mondo
Di questa metamorfosi evolutiva e biopsichica ci danno prova gli studi neurologici e di psicologia sociale, nello specifico sull’effetto che il gioco ha nello sviluppo cognitivo del cervello.
Grazie alle tecnologie di scanner cerebrale sempre più sviluppate, siamo infatti in grado di monitorare quello che avviene nel cervello e registrare i cambiamenti delle strutture sinaptiche durante differenti attività; le dinamiche di coinvolgimento dei giochi come sopra indicato, producono i migliori risultati nello sviluppo cerebrale e possono garantire una migliore prestazione intellettiva del soggetto.
Su questi elementi è già nato un nuovo mercato di prodotti e servizi per società e organizzazioni volto a implementare varie metodologie di ludificazione nei loro processi aziendali.
Quelli che un tempo erano visti come sistemi di fidelizzazione del cliente ( punti, giochi a premi, sistemi di sconti, servizi privilegiati come i frequent flyer, etc..) si stanno trasformando oggi in vere e proprie esperienze ludiche che cercano di offrire un sempre maggiore livello di intrattenimento e coinvolgimento di chi ne è partecipe.
Attraverso questo approccio diretto alla spinta dei beni di largo consumo, le ricerche sui processi di gamification sono state commercializzate e trasformate in strumenti di vendita. Senza un processo di crescita personale, di riconoscimento sociale e di genuina costruzione di significato le meccaniche di ludificazione sono, infatti, destinate a fallire.
Nell’aprile 2013 si terrà la prossima conferenza nella quale, tra i temi principali, vi è quello di mettere in guardia chi propone soluzioni di gamification sui rischi che uno sviluppo di applicazioni troppo focalizzate sulle esigenze di vendita: il pericolo è di danneggiare il mercato privilegiando i risultati economici rispetto a quelli di coinvolgimento fidelazzione degli utenti[1].
4. La generazione G: analisi e dibattiti
Tutto accade velocemente ed è difficile capire dove si muoverà il dibattito; il settore è nuovo ma per certi aspetti già largamente esplorato da migliaia di persone a livello globale: Stati Uniti, India, Europa e tutti gli operatori ICT più aggiornati sparsi nel mondo.
Nel frattempo, se da una parte i processi di Gamification e il mondo dei videogiochi sono in primo piano per le potenzialità di crescita che offrono, dall’altra lo sviluppo del settore è stato ed è sotto costantemente accompagnato da allarmanti studi sui danni e sui rischi che può provocare ai giovani, sull’affievolimento dell’attenzione nello studio, sul timore di una deriva sociale all’isolamento e alla perdita di attenzione e contatto con la realtà.
È un dibattito tutt’ora aperto nel quale medici ed educatori si trovano fianco a fianco o in lotta gli uni contro gli altri ed è per tutti estremamente difficile tracciare una linea di demarcazione precisa tra la pratica del gioco e comportamenti che ne potrebbero derivare.
È la generazione G[2], che non riesce a prestare attenzione seduta dietro ai banchi di scuola o sul posto di lavoro, ma a casa davanti allo schermo della televisione, immersa nella nuvola e nei videogiochi, pronta alla socialità della rete, riesce a seguire e portare a termine complesse missioni per salvare il mondo, fare comunità, elaborare progetti e produrre cultura interagendo in contemporanea con una moltitudine di altri individui senza perdere l’attenzione e la concentrazione sui risultati che vuole ottenere.
La generazione G è la prima generazione nata e cresciuta nell’era dell’accesso, immersa in universo di stimoli multimediali che nessuna delle generazioni precedenti ha mai avuto modo di vivere. Intrattiene e subisce un rapporto con la tecnologia che non è più fruizione passiva di contenuti cristallizzati, ma è uno scambio interattivo continuo con gli alti individui che la popolano.
5. Che cosa c’è “in gioco”?
E tuttavia mentre preoccupazioni e speranze sui giovani sono oggetto di dibattito, gli adulti guardano con sempre maggior interesse all’universo del gioco digitale, inteso non più solo come occasione di svago dal lavoro o come prodotto da vendere ai più giovani, ma come uno strumento del tutto adeguato per migliorare la propria performace sul posto di lavoro.
L’opportunità offerta dalle strutture del videogioco appare ormai come il fondamento dalla pratica cooperativa ed educativa che consente l’ottimizzazione delle risorse e ne potenzia la creatività, il senso di responsabilità, la coesione di gruppo a beneficio dei processi innovativi di riorganizzazione delle istituzioni e delle imprese. È sulla scorta del gioco digitale che si consegue, infatti, un elevato livello di approccio al pensiero sistemico per formulare strategie che tengono conto di una considerevole pluralità di variabili e di soggetti “in gioco”.
Giochi strategici, di gestione, aziendali, di situazione, tra le molte possibili tipologie dei videogiochi, hanno orami conquistato il mercato inesauribile della formazione dell’alta formazione di quadri di impresa costretti ad accettare le sfide quotidiane dell’innovazione e del mutamento.
Al di là delle analisi offerte dalle neuroscienze e in estrema sintesi le strutture di comportamento che i videogiochi fanno affiorare e mettono in campo si possono ridurre ai quattro elementi seguenti:
1. I videogiochi si reggono e fanno emergere innanzi tutto un “ottimismo urgente” una forma estrema di auto motivazione che si traduce nel desiderio di agire immediatamente per affrontare un ostacolo nella consapevolezza di poterlo superare con successo.
2. Inoltre i giocatori abituali, alla luce della ricerche finora compiute, sono dei virtuosi nel tessere robuste trame sociali : è questa la ragione per la quale il videogioco genera e si fonda su una “fiducia emergente” indispensabile per realizzare i contatti, la scelta e la cooperazione con gli atri giocatori. Fiducia che passeranno il loro tempo con noi, che giocheranno con le stesse regole e con gli stessi obbiettivi, e che rimarranno fino alla conclusione del gioco.
3. Quindi, giocare insieme di fatto costruisce i legami della fiducia e della cooperazione col risultato che davvero si possono creare relazioni umane più robuste sulla scorta di un impegno volontario, relazioni alla pari il cui obiettivo è raggiungere il risultato, il successo, inteso non come potere, superiorità o visibilità, ma in quanto effetto della capacità e dell’impegno rigoroso, ciò che possiamo definire una sorta di “produttività gioiosa”: siamo ottimizzati come esseri umani per lavorare sodo a un’impresa che ha significato.
4. Un significato epico perché le sfide proposte dalla trama narrativa dei videogiochi in tutte le loro tipologie sono, alla fine, il trionfo del merito speso nella conoscenza delle complessità del mondo, nelle azioni volte alla sua salvezza o alla esplorazione colonizzazione di nuovi mondi. Una “narrazione epica”.
“Ottimismo urgente”, “fiducia emergente”, “produttività gioiosa”, “narrazione epica”: sono queste le strutture di comportamento sulle quali si regge il processo di ludificazione del mondo, un mondo nel quale i confini tra gioco e lavoro sembrano confondersi e scomparire. Una rivoluzione e una metamorfosi insieme.
Jane McGonigal presenta le sue ricerche in un video-speech di tenuto sul palco di TED (postato nel 2010) che oggi conta oltre due milioni e mezzo di visite. Nello speech McGonigal sostiene che i giochi possono essere uno strumento adeguato per prepararci ad affrontare le grandi sfide che ci attendono nell’imminente futuro.
“Quando siamo in un mondo online io credo” ci avverte McGonigal “che molti di noi diventino le versioni migliori di se stessi, più capaci di aiutare senza preavviso, più capaci di concentrarsi su un problema per tutto il tempo necessario, di rialzarsi dopo un fallimento e provare nuovamente. E nella vita reale, quando affrontiamo un fallimento, quando affrontiamo un ostacolo, spesso non ci sentiamo così: ci sentiamo… sconfitti, ci sentiamo sopraffatti, ci sentiamo ansiosi, magari depressi, frustrati o cinici. Non proviamo mai questi sentimenti mentre giochiamo, semplicemente non esistono in un gioco. […] In un gioco, invece, cosa ci impedisce di sentire che possiamo raggiungere qualsiasi risultato? Come possiamo trasportare quei sentimenti dal mondo del gioco al mondo reale?”.
Se la risposta a questo interrogativo è anch’essa una sfida aperta, non vi è dubbio che, se focalizzati su problemi reali e su obiettivi sensibili per gli individui e i gruppi, i processi di gamification si dimostrano ormai uno strumento efficace in grado di trasmettere concetti complessi e promuovere consapevolezza su temi di pubblico interesse. Il ponte tra pratica del gioco ed esperienza lavorativa, tra sfide virtuali e sfide reali consente infine di “mettere in giochi” i problemi emergenti del nostro presente.
Games for Change, è una ONG che dal 2005 promuove giochi su temi di viva attualità dello sviluppo sociale. Un gioco di corse di roditori (Racing Squirrels) per insegnare a gestire i capitali; una simulazione delle dinamiche del mercato petrolifero per capire i danni ambientali e sociali che può produrre (the world without oil[G1] ), un gioco di esplorazione tridimensionale degli ambienti marini (Ocean Interactive) che simula missioni per scoprire come i gli oceani sono stati danneggiati dall’attività umana e quali possibili soluzioni ci sono per il ripristino degli ecosistemi e molti altri. Stopdisasters, è un videogioco online lanciato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite con l’intento di sensibilizzare i più piccoli sugli accorgimenti per costruire città e villaggi più sicuri dal rischio di calamità e disastri ambientali.
A questi si aggiunge una ultima e recentissima generazione di giochi didattici online sviluppati da diversi centri di ricerca internazionali per raccogliere e gestire dati funzionali allo sviluppo scientifico attraverso piattaforme ludiche.
FoldIT, nato nel 2008, mette in gioco grossi volumi di simulazioni sulle proprietà delle proteine per determinare come la struttura primaria di una proteina si comporta in una struttura tridimensionale e come questa struttura si muove (come si “pieghi”).
Sullo stesso principio funziona Eterna, che usa una interfaccia grafica stile puzzle per far sviluppare agli utenti algoritmi con i quali testare il funzionamento dei sistemi di ricerca sull’RNA (la base costitutiva del DNA) e così vale anche per Phylo, il cui obiettivo, il rebus da risolvere, è l’allineamento delle sequenze di DNA, RNA e proteine. Il progetto Phylo è strettamente connesso con lo Human Genome Project di cui ho accennato in premessa; allo stesso modo gli altri video giochi a matrice scientifica, oltre a fornire un formidabile supporto didattico adatto a tutte le età, stanno contribuendo a conseguire sempre più risultati in molteplici ambiti di ricerca.
Per tutti questi prodotti ludici l’aspetto social (l’ integrazione/partecipazione dei giocatori) è la funzione fondamentale che attiva un alto livello di coinvolgimento senza abbassare il livello di attenzione.
6. Realtà virtuale, realtà “aumentata”, realtà “alternativa”
Come si può intuire, nel processo di ludificazione realizzato dai videogiochi, contenuto e contenitore si influenzano a vicenda e, quando giochi e simulazioni diventano parte integrante dell’esperienza quotidiana, è lo stesso concetto di realtà che coevolve con loro assumendo un’ampia gamma di sfumature.
Realtà virtuale – Oggi l’ossimoro “realtà virtuale” (la rappresentazione della realtà costituita attraverso un sistema totalmente immersivo in cui tutti i sensi umani possono essere utilizzati), o più semplicemente la “realtà simulata”, è espressione di uso comune, un concetto compreso e comunemente accettato, così come ne sono generalmente condivisi gli strumenti e le dinamiche. Ma negli ultimi anni accanto all’espressione realtà virtuale si è cominciato a diffondere il termine realtà aumentata (in inglese augmented reality, abbreviato AR) che segna un ulteriore sfumatura nella interazione/percezione con l’ambiente attraverso l’uso dei sistemi informatici: un nuovo livello di realtà mediato dall’elaboratore.
Realtà aumentata – Con RA si intende l’arricchimento della percezione sensoriale umana mediante informazioni, in genere manipolate e convogliate elettronicamente, che non sarebbero percepibili con i cinque sensi.
Se nella realtà virtuale il paesaggio è composto da dati e informazioni in un ambiente chiuso e separato dal mondo al di fuori dello schermo, nella realtà aumentata il paesaggio di dati è sovrapposto e interconnesso con quello reale: facendo un piccolo azzardo si potrebbe definire un film proiettato sul muro realtà aumentata (il muro è reale, ma “aumentato” di informazioni dal proiettore).
Tuttavia il termine, propriamente utilizzato, fa riferimento a una nuova tipologia di applicazioni che fanno un uso integrato di sistemi di geolocalizzazione e visualizzazioni 3D con infinite possibilità di sviluppo e migliaia di esperimenti e prodotti potenzialmente realizzabili.
Una tecnologia e un insieme di approcci ancora ai primordi, ma le prime applicazioni non hanno tardato ad emergere.
La fantasia corre veloce e nel 2007 lo studio di animazione giapponese MadHouse ha presentato il primo di 24 episodi della serie di animazione Denno-Coil (letteralmente: La spirale del cervello elettronico) ambientato in un presente nel quale la ricerca RA è estremamente sviluppata e l’interazione con essa altamente diffusa, esplorando le possibilità interattive e alcune derivazioni sociali e filosofiche a cui questo tipo di comunicazione potrebbe portare.
Per chi vuole farsi un’idea di cosa sia esattamente la realtà aumentata basta avere uno smartphone e scaricare una applicazione come il sistema di navigazione per autoveicoli XDA che usa la tecnologia RA per ridurre la distrazione visiva dell’interfaccia di navigazione classica della mappa grafica. Lyar (una società olandese che Il World Economic Forum annuncia come Pioniere tecnologico per il 2011) ha creato un browser che consente agli utenti di caricare i loro contenuti e disporli nell’ambiente di realtà aumentata condividendoli coi loro amici/clienti; isieme a questi molti altri software stanno raggiungendo un pubblico sempre piu’ vasto.
Realatà alternativa – Esiste poi un altro livello di realtà che i giochi stanno progressivamente iniettando nel mondo in modo sempre più diffuso: la “realtà alternativa”, ma anche realtà “parallela” o “dimensione alternativa”.
La novità qui è solo nel termine e nel fatto che il fenomeno ha dato luogo a una fruizione di massa; si tratta di una innovativa versione dei giochi di simulazione dalle ricostruzioni storiche in costume che vengono fatte da molti anni in molte parti d’italia e del mondo ai CosPlay[3] passando per tutti i giochi di simulazione aziendale utilizzati in formazione. Tra i più illustri esempi[4] sul campo sono i prodotti dell’Istituto per il Futuro, diretto da Jane McGonigal come Superstruc, un videogioco che ha coinvolto oltre 8000 persone per oltre 8 settimane in un gioco di immedesimazione il cui obiettivo era l’elaborazione di un sistema con il quale far fronte a crisi globali.
O come Wolrd without Oil, sopra citato, un percorso ludico in forza del quale, attraverso una serie di documenti video e testuali creati ad hoc viene simulata una reale crisi del petrolio e vengono elaborate soluzioni per fronteggiarla.
I risultati di questi due giochi sono pubblici e pubblicati sui rispettivi siti e sono straordinari, sia per la varietà e l’originalità delle soluzioni proposte, sia per l’effetto che l’esperienza di questi giochi hanno immesso nelle vite e nei comportamenti dei partecipanti; dai dati dei sondaggi risulta infatti che circa il 70% di chi ha portato a termine l’esperienza ludica ha adottato alcune delle soluzioni ideate durante il gioco in quanto più convenienti ed efficaci di quelle che aveva in precedenza.
[1] In un articolo sul NYT Jane Gonegal (di cui si parlera’ tra poco) ha affermato: “Non faccio “Gamification”, penso che nessuno abbia il diritto di motivare qualcun altro a fare qualcosa che non vuole!”
[2] Dove G sta ovviamente per Game
[3] Fenomeno nato in giappone di gruppi di ragazzi che si travestono nei personaggi dei cartoni animati per riviverne le avventure
[4] Per una lista in italiano di alcuni giochi http://www.paolobasso.com/thesis/?cat=7