Lavorare: la complessità a colpo d’occhio

 

Non ho inventato nulla di nuovo, ho solo assemblato quello che hanno fatto altri alle spalle dei quali c’erano secoli di lavoro…

Il progresso accade quando tutti i fattori che lo compongono sono pronti, e a quel punto è inevitabile

Henry Ford

 

1. Rimboccarsi le maniche a livello globale – 2. Persone, professioni, identità – 3. In-competenze – 5. La complessità a colpo d’occhio

 

1 Rimboccarsi le maniche a livello globale

A fronte delle istituzioni tradizionali, religiose, politiche ed economiche che ci hanno guidato fin qui gestendo le informazioni a livello di massa, il nuovo potere organizzativo offerto dai social media e un livello di educazione estesa offerto dalla rete all’uomo digitale, fanno sì che la possibilità di aggregazione e impatto delle singole persone produca risultati di grande impatto.

Nessun processo di alfabetizzazione a nuovi linguaggi, nessun madia ha conseguito risultati di penetrazione e di sviluppo come quello di Internet nel corso, milionario di anni, della vicenda umana.

Il “sesto potere” (quello della nuvola, appunto) è sempre di più nelle mani del gran numero e le strutture classiche di controllo delle informazioni (la stampa e i mass media) tremano e scalpitano imbrigliati in un sistema che riesce sempre meno a imporre contenuti in modo diretto e dall’alto.

Il 30% della popolazione globale oggi è in rete (più di 2 miliardi di utenti).

Anche se per alcuni dei paesi sviluppati sembra che livello e qualità educativi stiano calando, quando si osserva cosa sta accadendo complessivamente sul pianeta ci si accorge che non è affatto così.

L’alfabetizzazione e la scolarità in età infantile sono sempre più diffuse e in alcuni contesti (e sempre più spesso) sono strettamente connessi all’alfabetizzazione informatica.

Più di due miliardi di esseri umani praticano progressivamente la cultura digitale, ne subiscono l’impatto attraverso le nuove tecnologie educative e la pratica del gioco e sono proiettati verso nuovi modelli di socialità.

L’inglese è sempre più parlato e ad ogni modo le informazioni multimediali (spesso associate all’uso dei software di traduzione automatici) consentono di accedere e comprendere buona parte delle informazioni in una pluralità di lingue.

Anche se ancora non siamo disponiamo  di procedure di traduzione consecutiva automatica che ci permetta di sostenere, ad esempio, un dialogo con un interlocutore ciascuno nella propria lingua madre, non ci sono dubbi che stiamo marciando a passo spedito in questa direzione: questione di anni, pochi anni e anni sempre più brevi.

Inutile dirlo: è la complessità che si materializza, la complessità a colpo d’occhio e quindi l’alfabetizzazione alla complessità stessa. La rete è al lavoro e il lavoro è ormai indisgiungibile dalla rete.

 

2 Persone, professioni, identità

Perché ormai “i social media non sono solo uno spazio ludico, per rilassarsi e giocare, o uno spazio commerciale. Sono anche uno spazio per la manifestazione dell’identità professionale, per lo scambio di informazioni e conoscenze e per la costruzione di comunità professionali”[1]: informazione, educazione, gioco, lavoro sono interconnessi,perché i social media hanno fatto emergere e stanno confondendo tra loro professionisti, consumatori, dilettanti. Un processo di scambio che è il nuovo universo del lavoro fondato su pluralità dei ruoli, di identità individuali  e su nuovi processi di formazione/integrazione tra singoli e comunità di “persone” in costante migrazione tra saperi ed esperienze operative.

Con ciò si supera la comunità professionale tradizionale e corporativa a tutto vantaggio di un mercato aperto delle risorse umane perché, appunto, la rete è fatta di persone e non di istituzioni (i professionisti sono in grado di ridefinire la loro esperienza e cogliere in tempo reale i nuovi orientamenti del mercato) e veicola automaticamente nuove professionalità, ne assicura lo statuto momentaneo e fa emergere forme di organizzazione del lavoro (crowdsourcing, microworking, coworking, solo per citare il modelli più codificati).

Anche la formazione, il saper fare e l’esperienza del fare assumono oggi, in rete e in forza dell’intelligenza connettiva, il senso di “sperimentare”: sperimentare innanzitutto il grado della propria flessibilità identitaria.

La civiltà di migranti e nomadi del XXI secolo, ovvero la civiltà della cultura digitale consente di moltiplicare le icone e le strutture dell’identità individuale, di nasconderla e simularla, modificarla e rigenerarla in relazione ai “progetti” di socialità che i social media si propongono di realizzare.

Ciò consente di rimodellare il mondo a partire dalla propria persona, immagine, profilo. L’ingresso e l’esperienza comunicativa/culturale all’interno della nuvola sistemica prende il via a partire da una ricostruzione di sé stesso e proprio nell’universo della cultura digitale il concetto di “persona” viene ricondotto al suo reale significato: “maschera”.

La previsione di una imminente “fine del lavoro” ha ricondotto al vecchio adagio in virtù del quale il lavoro si cerca e si cerca dove c’è, si va alla ventura in un processo di continua migrazione.

In fondo è sempre stato così, ma l’interconnessione tra conoscenze, formazione, attività ludica e impegno professionale propone un nuovo assunto: il lavoro si “inventa”, si crea e, se non è sotto casa, è lì, sul tavolo da lavoro, in rete dentro e oltre lo schermo.

I social media stanno assorbendo il mercato del lavoro, lo trasformano, infrangono i confini e cambiano i connotati del lavoratore stesso dal fatidico “divieni imprenditore di te stesso” si sta passando al meno aggressivo e più realistico “costruisce le tue competenze”, misurati, prova, esperimenta e, dove necessario, cambia la tua identità per farlo.

in-competenze

Il primo elemento è quello che si definisce la “democratizzazione delle competenze” o, forse con maggiore efficacia “la competenza per gli incompetenti”.

Qualunque attività  operativa si voglia intraprendere, la rete fornisce, già ora, la maggior parte delle informazioni e dei percorsi di apprendimento necessari al suo svolgimento e al suo completamento. E questo approccio al saper fare, al professare un mestiere non si devono confondere con le opportunità educativo/formative delle nuove frontiere dell’e-learning.

Ma non è lo strumento in sè che è interessante da osservare, quanto la metodologia che questo porta con sè e il conseguente allineamento metodologico di chi vi partecipa, allineamento che non è più imposto dall’alto ma generato all’interno della metodologia stessa a sua volta trasformato in strumento di sviluppo.

Per qualunque attività oggi si voglia intraprendere la rete fornisce la maggior parte delle informazioni necessarie al suo svolgimento e al suo completamento con gli strumenti che guidano gli sviluppi attraverso appunto metodologie comunemente condivise.

Dalla struttura e visualizzazione di una idea attraverso sistemi di mappe mentali e appunti, alla progettazione sui più classici strumenti aziendali come il GANTT e i diagrammi di marketing, passando per lo sviluppo dei materiali per promuovere e organizzare le proprie idee e i propri prodotti/contenuti dei template e dei CMS.

Più lo svolgimento della propria attività viene condivisa , più il numero di informazioni disponibili in merito aumenteranno; e se l’attività svolta è poco comune, le informazioni saranno più dettagliate per ciò che riguarda strumenti, istruzioni, video tutoriali e supporto.

La continua spinta verso l’innovazione ci porta a trovare sovrastrutture sempre più efficienti che sappiano integrare le formule più recenti per reinterpretare i dati in esse contenuti e garantire la perenne analisi e discussione/riedizione.

 

 5. La complessità a colpo d’occhio

Ultimo tra questi strumenti di comunicazione è l’infographics, che unisce il design ai dati per creare delle tavole che riescano a veicolare contenuti complessi e in continuo aggiornamento.

L’infographics è l’esempio più evidente di quello che gli effetti della esposizione mediatica possono portare a una generazione ed è un prodotto che prende forma ora da quelle persone nate davanti a uno schermo.

Una tavola di infographics può raccogliere il contenuto di qualche mese di ricerca: è una commistione di grafica, testo e dati che guida chi esplora (visto che di sola lettura non si può più parlare), fornendo una serie di contenuti che rendono immediatamente accessibili i significanti intrinsechi di un contenuto attraverso eleganti soluzioni grafiche e iconiche, comprimendo un immenso volume di sapere in un unico elemento visuale.

Le origini dell’infographics si possono facilmente ricondurre ad alcuni strumenti classici come le curve e i grafici matematici da una parte e la comunicazione grafica pubblicitaria dall’altro, ma la vera innovazione che le infographics portano con sè è data dalla potenzialità degli strumenti con cui sono state create.

Giacchè i dati sono immersi in questo processo di continuo riaggiornamento pubblico e sociale del tessuto di informazioni su cui le loro rapprentazioni grafiche li presentano al pubblico, il contenuto degli ifographic muta col passare del tempo modificando anche la percezione delle strutture grafiche che li contengono; una scatola dove il contenuto modifica e adatta il contenitore è come una etichetta sui ci sono tutti gli elementi della scatola rappresentati nel dettaglio. Chiara e di impatto.

Tutto questo è reso possibile solo grazie alla collaborazione volontaria e involontaria di milioni di persone che, interagendo in rete per anni, hanno consentito di raccogliere e trasfrerire progressivamente in un unico luogo tutto il sapere del mondo.

Questo luogo è il cloud, la nuvola, frutto dell’interazione sociale degli esseri umani attraverso la rete. È un luogo che in realtà non esiste, garantito dalla volontà/opportunità di alcuni di offrire servizi per archiviazione di informazioni in remoto e dalla opportunità/volontà di altri di farne uso, testarli e implementarli ma che in qualche modo si sta configuarndo oggi come una realtà tanto tangibile da rappresentare l’immediata evoluzione futura dei servizi di rete.

In questa nuova fase del mercato di internet i tre grandi pilastri che si fronteggiano sono Microsoft, Google e Apple. In questa lotta tra titani mentre Microsoft e Google si stanno muovendo per mantenere la loro condizione monopolistica su specifici segmenti del mercato, Apple ha preso le distanze creando un mondo parallelo, omnicomprensivo dove tutelare ed educare i propri utenti a una determinata visione delle risorse di rete.

Qualsiasi sarà il successo di queste strategie accanto ai tre giganti, i comuni mortali sono sempre più a conoscenza di quello che succede e sempre più in grado di organizzarsi in maniera autonoma e indipendente; è mio avviso proprio attraverso l’uso degli stumenti che sono prodotti dai grandi gruppi monopolisti che i singoli utenti riusciranno a emergere e controbilanciare il mercato; e questo partendo da un una semplice osservazione: una delle cose che ha reso possibile la nascita e il prosperare di realtà organizzative multinazionali sempre più ampie e potenti è stato il possesso a sistemi comunicazione e gestione avanzati e dagli alti costi.

È stato lo stesso per lo sviluppo del commercio grazie alla scrittura e la catalogazione delle merci e dei sistemi amministrativi imperiali che coordinavano centinaia di persone costando in termini di risorse un prezzo che nessun gruppo di individui sarebbe stato in grado di sostenere.

Oggi non è più così: i più sofisticati e avanzati sistemi di comunicazione sono a costo zero (o quasi) e approcciabili dal singolo individuo.

Complessi software di project management, strumenti di comunicazione multiutente a distanza e una ampissima gamma di documentazione relativa al loro uso sono disponibili in rete a chiunque con un click, che farne? Questa è davvero la domanda da porsi o forse no, visto che le grandi sfide sociali ed ambientali che ci attendono sono pubbliche e davanti agli occhi di tutti.

Racconta un vecchio proverbio africano: Se vuoi andare veloce, vai da solo, se vuoi andare lontano trova dei compagni di viaggio e come ha osservato Al Gore in una conferenza pubblica sul clima: Siamo oggi in una situazione in cui dobbiamo andare lontano e in fretta!

Per concludere: ridefinire la globalizzazione