Ovvero: perchè il talento dovrebbe essere una variabile poco rilevante nelle decisioni di vita di una persona
Partiamo quindi dal presupposto che il telento è irrilevante, cercherò di argomentare nelle righe che seguono le motivazioni per cui sostengo questa tesi.
Quello che qui è il punto di partenza: che il talento conta poco è in realtà stato il punto di arrivo dopo una serie di rifessioni e sperimentazione personale: dibattiti accesi con amici, ed estranei e scoprendo con piacere che è un tema che suscita notevole interesse e stimola discussione
Il talento è generalmente in teso come un dono, un premio che si riceve dalla nascita, una predisposizione naturale a fare qualcosa. Io non nego che cio’ possa esistere (anzi, lo posso certificare con l’esperienza diretta); la mia argomentazione è semplicemente che è un fatto irrilevate quando si tratta del percorso di un individuo, o per lo meno, ritengo che sarebbe bene considerare i talenti come tali e non porvi troppa attenzione.
Il comune sentire (almeno di chi non condivide la mia visione) è che il talento è un qualcosa che si ha in piu’ rispetto agli altri. Che è una fortuna e un’opportunità e quindi è un peccato non sfruttarla.
Parto dal presupposto che le opportunità sono un numero estremamente vasto e che il talento è solo una di queste, tra l’altro non piu’ rilevante di altre, anzi, un talento puo’ diventare anche una limitazione; una limitazione che ha due faccie: il talentuoso è in qualche modo destinato a fare uso del suo talento, il non talentuoso, non ci prova neanche a cimentarsi perchè parte svantaggiato.
Un caso è l’orecchio musicale. È vero che chi studia musica e ha l’orecchio musicale è facilitato e chi non ce l’ha, non arriverà mai alla stessa capacità di percezione ma per essere un buon musicista che trae soddisfazione dalla propria musica sono coinvolti una quantità di elementi e variabili tali che il fatto di avere o meno l’orecchio musicale è praticamente irrilevante.
Seguire il proprio talento a me personalmente suona un po’ come predere la strada piu’ facile, che va benissimo se è la strada che ti interessa percorrere, ma altrimenti diventa una scusa per non fare fatica che non è il massimo se si desidera arrivare da qualche parte.
Il fatto che ci sia una strada piu’ facile, mette le altre strade nella posizione di essere piu’ difficili e questo puo’ influenzare il giudizio quando si devono compiere delle scelte, è per questo che penso sia meglio considerare i talenti (le doti innate) come irrilevanti e concentrarsi su quello che si desidera davvero fare.
Qualche esempio della mia esperienza diretta. Io non ho l’orecchio musicale ma mi è sempre stato detto di avere avuto un buon orecchio per le lingue, cosa abbastanza vera nel senso che ho grande facilità a ripetere i suoni che ho appena sentito in modo comprensibile da chi mi ascolta. Questo pero’ sul lungo periodo non fa la differenza nell’apprendimento di una lingua, dopo 10 anni in Cina ho un livello di cinese ancora molto limitato e chi aveva piu’ difficoltà di me all’inizio ma ha dedicato piu’ tempo e impegno allo studio della lingua parla molto meglio di me.
Tra l’altro per quanto mi riguarda è quasi uno svantaggio pronunciare un suono corretto perchè il mio interlocutore dopo le prime parole assume che il mio livello di lingua sia fluente e comincia a parlare di conseguenza complicando la comunicazione.
Vale lo stesso per lo sport, nascere leggero e veloce è un conto, diventare un atleta tutto un altro e ho visto e provato di persona che anche in età adulta il corpo puo’ arrivare a delle prestazioni che si sarebbero dette impossibili prima di un allenamento mirato.
Vale lo stesso per l’arte; qui il discorso è un po’ piu’ complesso perchè definire l’arte è come definire l’uomo stesso e non ci voglio nemmeno provare. In generale sono convinto che ogni “arte” si possa apprendere e che il lavoro di un artista si valuta sempre nel percorso di ricerca che c’è alle spalle.
La singola opera puo’ essere un capolavoro ma quello che dal mio punto di vista conta davvero per valutare un artista è il percorso che l’arte gli ha fatto fare e la reciproca trasformazione, che detto in un altre parole si traduce in: i veri artisti durano nel tempo continuando a fare arte. Uno momento creativo, per quanto geniale, non fa di una persona un artista. Se hai realizzato un opera d’arte, hai solo fatto un opera d’arte: per essere un artista devi darci dentro fino a che il percorso artistico che hai fatto non avrà segnato la tua vita.
A dimostrazione pratica di tutto questo ho studiato un piccolo esperimento che continuo a praticare e da cui ottengo sempre lo stesso risultato, invito chiunque volesse a fare lo stesso e dirmi che ne pensa.
La teoria delle 100 ore:
Secondo questa teoria quando si deridera affrontare qualcosa di nuovo, bisogna dedicarvi 100 ore prima di tirare le conclusioni. 100 ore intese come 6000 minuti di concentrazione. Tradotto in termini pratici fa poco piu’ di un ora al giorno per tre mesi.
Due ore al giorno e ce la si cava in poco piu’ di un mese e mezzo, 5 ore la settimana e ci vorranno 5 mesi etc…
100 ore è un numero arbitratio (potrebbero essere 97 o 112, fa lo stesso) ma piu’ o meno è una tempistica ragionevole per affrontare un tema con un minimo di profondità. Non resta che fare la prova, quello che ho personalmente riscontrato sono due casi:
1) dopo qualche ora ci si rende conto che la cosa non è cosi’ interessante/importante come sembrava che non si hanno le energie da dedicare e si lascia perdere
2) dopo parecchie ore si comincia a intuire di potercela fare ma che ci vorrà parecchio tempo (molto più di quello previsto) se si valuta che non vale l’investimento si rinuncia, altrimenti si va avanti
3) Arrivati alle 100 ore si ha costruito una prima base di competenze che puo’ essere ampliata, continuare o meno, ma sopratutto quanto tempo dedicarci è ovviamente soggettivo. Quello che ho riscontrato in generale è che dopo un impegno del genere o la passione fa si che si vada avanti con dedizione, oppure le cose apprese rimangono un bagalio di esperienza a disposizione, che possono essere utilizzate all’occorrenza ma si decide di dedicare il proprio tempo ad altro.
Molto di rado mi è capitato di incontrare qualcuno che avesse speso tempo e determinazione per imparare una cosa e dopo molti tentativo abbia rinunciato perchè non aveva il talento giusto per farla.
La difficoltà di qualcosa è una funzione del tempo che ci vuole per ottenerla. Il tempo va rapportato alle capacità di una persona, ma questo vuol solo dire che alla peggio ci vuole un po’ piu’ di tempo che è poca cosa quando davvero si vuole raggiungere un obiettivo.
Morale?
“È la passione che genera il talento,
se ci sono doti innate buon per voi
ma non fateci troppo affidamento”