Pechino, una sera di pioggia autunnale…

La incontro ad una festa di amici, una ragazza cinese di un’età imprecisata tra i 30 e i 12 anni di un metro e 50 abbondanti; la noto subito perchè si muove come una indemoniata, cercando il piu’ possibile di andare in controtempo rispetto alla musica, agitandosi da sola in una casa dove tutti stavano in piedi a parlare tranquilli. La guardo a lungo (anche se viste le dimensioni non ci metto molto) e faccio da vero uomo la mia mossa: prima mi guardo intorno, poi la guardo, poi mi guardo intorno di nuovo fingendo disinteresse, nel mentre mi avvicino, incrocio le dita e la guardo di nuovo da vicino abbozzando un sorriso da ebete (io provo a fare un sorriso provocante, ma ho visto i miei simili e so qual’è il risultato).

Lei si ferma per un istante… mi guarda… socchiude leggermente le labbra e in un secondo avvinghia con forza le sue gambe alla mia come se volesse staccarmela!

Io odio le discoteche, ma la prospettiva di intontimento fisico misto alcool potrebbe essere una tecnica efficace per far crollare le ultime barriere, che a questo sono solo mie. E cosi’ andiamo in discoteca. Ora… anche a una ballerina professionista capita di riposarsi per qualche secondo, questa piccola indemoniata salta per sei ore di fila e io dietro cercando di tenere il passo e mescolando di nascosto Gatorade alla VodkaOrange per non stramazzare al suolo. Quando la discoteca è ormai vuota sono tentato ti tramortirla con una spranga, poi mi ravvedo e le chiedo: “La discoteca è vuota… andiamo?”

“After party!!!” è il suo urlo di eccitazione; mi prende teneramente per mano e mi trascina in un altra discoteca a pochi minuti da li’, vane le mie suppliche… “Dai, dai, solo un paio di canzoni” dice la stronza incurante delle mie occhiaie che inciampano sui ciottoli del viale.

Sono le 8 del mattino e sono in una discoteca buia in un seminterrato due piani sotto terra dove le ressa di persone e il rimbombare della musica è attutita dall’odore di alcool, fumo e sudore che si condensano a mezz’altezza in una nebbiolina grigiastra; lei ormai incapace di intendere e di volere si struscia sul mio corpo come un grizzly con il suo albero preferito; io ormai a corto di Gatorade dondolo sulle ginocchia e cerco di sorreggerla come posso. Dopo un ora di questa litania accade il miracolo e sbadiglia…

La luce della Divina Provvidenza nel covo dei dannati; le strada verso la pace e la speranza…

Sto aspettando e preparando paziente questo momento da ormai sette ore. “Sei stanca? Ti accompagno a casa?” dico ricomponendomi in un secondo e prendendo in mano la situazione. Annuisce; io da prode cavaliere (e dopo una serata cosi’ se mantieni la flemma sei prode per forza) le porto la giacca e la aiuto a indossarla.

Saliamo lentamente per le 8 rampe di scale che ci separano dal resto del mondo… sono in purgatorio… La sento che mi tiene stretto il braccio e mi accarezza la spalla con la testa, apro le porte del locale: il sole… La pioggia è appena cessata, solo un fresco venticello che spazza via le ultime gocce…

Il resto del mondo esiste ancora e io ho passato la notte! Sono felice come un amante di extasy appena uscito da un brutto trip… È fatta! Ancora pochi metri per raggiungere il taxi e fatica e sofferenze saranno ricompensate; arriviamo al ciglio della strada alzo la mano e il taxi mette fuori la freccia, lei mi salta addosso e comincia a mordermi il collo e a succhiarmi l’orecchio come se volesse aspirarmi via ogni pensiero e infatti, dopo meno di un nanosecondo i miei pensieri fluttuano in una vasca vuota senza piu’ connessione alcuna. Mi giro e la bacio. Il taxi si ferma mentre lei si ritrae scoppiando in un pianto isterico.

Mi guarda come se il taxi le avesse parcheggiato la ruota su un piede e mentre io controllo se sia vero o meno si toglie il guanto sinistro per accecarmi con il piccolo diamante di un anello oro e platino probabilmente disegnato dalla Kinder. “Non sono una brava ragazza” dice lei asciugandosi le lacrime. “Non occorreva mica lo capisci cosi’ in fretta….” ribatto io con l’ultima cartuccia che mi rimane prima del baratro. Lei sale, chiude la porta, e mi saluta con volto angelico dal lunotto del taxi. Io guardo tramortito il taxi successivo che sta passando e scendo nuovamente in discoteca per rami il colpo di grazia mentre quello che resta dei miei neuroni scivola nel tombino seguendo i rivoli d’acqua lasciati dalla pioggia.