NB: questo testo è stato scritto nel 2005 e negli ultimi 10 anni la situazione dove non è peggiorata molto, è peggiorata poco….

Giovani in Italia tra formazione e lavoro

( I cinque assiomi dell’apprendistato )

Con la crisi economica che sta ormai travolgendo ogni cosa anche la ricerca di lavoro diventa sempre piu’ complessa. Uno finisce l’universita’ (considerabile ormai una formazione superiore di medio livello) e poi…?

E poi comincia lo stage.

In Italia o all’estero se si rimane nella realta’ italiana le cose non funziona in modo olto differente: possono essere 3 o 6 mesi, ma non bisogna mai fare i conti senza l’oste. Mentre i ragazzi hanno passato una selezione, attraverso colloqui e incontri, e una burocrazia che definire semplicemente italiana sarebbe come dipingerla d’oro, alle societa’ che richiedono stagisti non viene fatto nessun test accurato.

E questo ci porta al primo assioma:

LAVORO – STIPENDIO = STAGE

E via cosi’.

“Hei! Questi piccoli combinaguai dovrebbero essermi grati per l’esperienza che gli offro, imparano come reggere un ambiente di lavoro frustrante e scombinato. E tutto solo in cambio di 8 ore di lavoro quasi completamente inutili” ha dichiarato un imprenditore della bassa che produce molle tra Pechino e Shanghai per le sospensioni della Ferrari.

La corsa agli stage e’ l’ultima trovata del sistema Italia per celare non solo l’incompetenza e la mancanza di professionalita’ delle istituzione, ma anche il grave problema dell’invecchiamento sul posto di lavoro e della bassa possibilita’ di penetrazione che hanno i giovani nel mercato del lavoro.

Il sistema scolastico italiano prevede che uno studente (uno di quelli bravi) esca dal liceo a 19 anni. Se non va direttamente a lavorare o non fa un corso professionale (finendo a guadagnare come un manager di primo livello, ma senza il privilegio delle angherie della scalata sociale), gli toccano un minimo di tre anni di universita’.

E tre anni siano.

Cosa imparo?

“Ho, un sacco di cose… Non sai come affrontare le dinamiche della burocrazia universitaria sia importante per superare le frustrazioni che ti aspettano.” Risponde uno dei rappresentanti degli studenti con modi gentili e occhi iniettati di sangue mentre sorride a un punto imprecisato nel vuoto poco al di sopra della tua spalla.

Ripete la stesse cosa da 6 anni a tutte le maricole in cerca di informazioni e ai turisti giapponesi che hanno sbagliato uscita della metropolitana e passano li’ per caso.

Se lo intervisti scopri che sogna di andare a Tokyo dove ormai e’ una celebrita’ ma purtoppo ha perso le chiavi della macchina in caffetteria a settembre e le foglie autunnali hanno coperto il pavimento rendendo inutile la ricerca.

Imparo altro?

Ho, ma la cosa piu’ importante: trovarsi un lavoretto per arrotondare.

E per altri tre anni sei a posto, tieni la la mente occupata e non triti i maroni in giro.

A 23 hai una laurea triennale. Cioe’?

E’ molto semplice: Hai fatto tre anni di universita’ e te ne aspettano altri due, buon divertimento!

Secondo assioma:

STUDIO + STUDIO = STUDIO

Non comincio a lavorare?

Ci puoi provare, le offerte non sono male, dall’impresa di pulizie al guardiano notturno passando per i vari lavori a contatto col pubblico, camerieri commessi e via dicendo; un paio di risse in una tendopoli albanese e se gli fai capire chi e’ il piu’ forte e il posto e’ tuo.

Caso da segnalare un albergo Milanese che cerca un guardiano notturno. L’universita’ Statale di Milano viene coperta di manifesti che riproducono a caratteri cubitali l’annuncio pubblicato su un giornale locale (il fatto e’ vero): “Cercasi Guardiano notturno, impiego a tempo inderminato. Competenze richieste: laura triennale.”

E’ il caos! Gli studenti accorrono in massa, con gli occhi scintillanti di gioia per la ghiotta occasione quanto si rendono conto che non c’e scritta la materia e nemmeno l’area di competenze richiesta per poter fare domanda… Laurea triennale, gia’ ma in cosa? Corrono veloci i pensieri e gli scambi di opinione, i sussurri e i passaparola, passano i giorni e cominciano a girare voci contraddittorie, chi parla di una laurea in comunicazione, chi difende la veterinaria, chi ormai non ha piu’ alcun interesse e dice parole a caso mentre fuma e beve nel piccolo accampamento che si e’ creato ai piedi del muro dell’annuncio.

La vicenda viene presto dimenticata, ma un paio di studenti, non hanno trovato un lavoro da MC Donald e risentono ancora dell’accoglienza al campo profughi, mettono su un piccolo business vendendo copie dell’annuncio e foto per tenere in vita quei giorni, convinti che fossero un momento di unione e contestazione del sistema. Pace e amore.

Non resta che farsi altri due anni e finalmente si e’ pronti per affrontare il mondo!

Che cosa?

Il mondo!

Il cosa?

Va beh, diciamo che a 25 anni finisce lo studio superiore. E adesso, lavoro?

Ma dai, non crederai che 5 anni di scuola elementare, 3 di medie, 5 di liceo (ginnasio o alto istituto che sia) 3 di universita’ di primo livello, 2 di secondo livello di diano la benche’ minima esperienza per entrare nel modo del lavoro… Nooooo, adesso ti ci vuole uno stage o un master! Certo, lo stage ti inserisce in una azienda, ma sei precario e magari poi non ti assumono, ma se fai un master… In un posto di eccellenza… Magari anche all’estero… Chissa’…

Allora, cosa scegli? Busta A o busta B? Andiamo per lo stage o vogliamo rafforzarci ancora un po’ con un bel master? Allora? Allora?

Lo studente (anzi per il momento ex studente) lo fissa timoroso e riflessivo mentre l’adrenalina gli scorre nelle vene. “Certo lo stage magari mi mette subito nel mondo del lavoro – pensa per un attimo –, ma se non ne sapessi abbastanza? Non posso mica rischiare di buttare via l’investimento che ho fatto finora”

E allora… accendiamo la A o la B? A o B? A o B?

Ok, ok… lo faccio il cazzo di master, ma smettila di agitare quelle dannate buste.

Mentre gli sfili la pratica dai guanti di lattice ricoperti di vaselina (cosa che gia’ di per se dovrebbe fare riflettere) il responsabile ha un sottile gemito di piacere e accarezza sognante la piccola cassetta di metallo in cui raccoglie i soldi di caparra per l’iscrizione.

E via cosi’; in meno di due anni sei fuori e devi anche fare uno stage conclusivo di tre mesi, che culo! Due piccioni con una fava.

E adesso, lavoro?

Certo, prego si accomodi!

Eta’?

27

Lingue?

3, buon livello, sia scritto che parlato.

Precedenti esperienze?

A dire la verita’ ho appena finito il master, ma ho fatto uno stage di tre mesi…

Mmmmh, veramente stiamo cercando qualcuno con maggiore esperienza, magari potremmo cominciare con uno stage di sei mesi, poi vediamo, mi sembra un tipo in gamba. Le va bene?

Visto? Lo stage (quello vero) arriva senza nemmeno dover faticare per cercarlo, complimenti! Hai fatto proprio un buon lavoro.

Terzo assioma

STUDIO + STUDIO + ESPERIENZA = INESPERIENZA

Ma che cos’e’ esattamente uno stage?

In linea puramente teorica uno stage e’ uno scambio prestazione-formazione che avviene tra un individuo e una istituzione/azienda.  Lo stagista porta all’azienda il proprio lavoro (gratuitamente, ma non a proprie spese) e in cambio riceve la possibilita’ di osservare dall’interno le dinamiche del mondo del lavoro, che ovviamente  20 anni passati in una istituzione pubblica o privata che sia, per un minimo di 4 ore al giorno 5 giorni su 7 non sono in grado di dare.

In sostanza si tratta di uno scambia di tempo in cambio non di denaro (questo e’ il caso del lavoro) ma di altro tempo che viene a lui dedicato e in cui gli si insegna un mestiere.

E’ uno scambio alla pari in cui entrambi i soggetti possono trarre vantaggio e opportunita’ dal confronto reciproco.  Non e’ necessario un insegnate che lo istruisca passo passo, basta seguire i dettami di un contratto che specifica cosa lo studente imparera’ e che contributo dara’ in cambio. L’impegno della azienda si riduce poi a quello di monitorarne settimanalmente l’andamento tramite un colloquio di mezz’ora o poco piu’. Il contratto (esiste ma e’ molto vago e si presta a troppe possibili interpretazioni) si chiama patto formativo, un documento con validita’ legale che definisce i termini della collaborazione. Viene firmato da entrambe le parti e prevede un impegno reciproco.

Cosa succede se una delle due parti non rispetta i termini del contratto?

Ovviamente nulla… non ci sono clausole di inadempienza, ne’ sistemi di verifica accurati che certifica il buon compimento del contratto.

E non da ultimo c’e’ da tenere presente che siamo in Italia, un paese dove se possibile vengono depenalizzate le truffe e le scorrettezze: se ti fai fregare sono un po’ cavoli tuoi, cosi’ la prossima volta impari e ti fai piu’ furbo!!!

E’ la legge del piu’ forte e tra un giovane senza esperienza e una azienda, di solito capire chi ha la posizione di vantaggio non e’ complesso.

Come se non bastasse gli studenti subiscono un filtro di selezione attraverso CV burocrazia, raccomandazioni etc, mentre alle aziende e’ sufficiente fare una telefonata in un’ universita’ per essere candidata e cominciare a ospitare nuove leve a costo zero.

L’asta e’ aperta, ma e’ solo in una direzione ovviamente.

Chi certifica che una azienda abbia i requisiti giusti per gestire uno stage?

Nessuno

Chi segnala le aziende che hanno reso un buon servizio e quelle che assolutamente sono da evitare?

Nessuno

Chi certifica che gli studenti portino a casa qualcosa dalle esperienze fatte ( e cosa esattamente) e le possano rivendere se cercano un lavoro.

Nessuno

Certo, se di mezzo ci sono i soldi cambia tutto: una azienda che decide di assumenre una persona in stage riconoscendogli un rimborso spese (una cifra minima di 500 euro al mese) fa un investimento per quando piccolo che mantiene piu’ alta la sua soglia di attenzione. Sono pur sempre 500 euro che non e’ il caso di sprecare, e’ poco, ma sufficiente per dimostrare il proprio interesse a formare la persona in modo tagibile. Ci deve essere qualcuno che risponde dell’investimento e che ne deve trarre profitto e se le cose non vanno bene entrambe le parti ne portano un danno.

Ma se lo stage e’ gratuito, o peggio, a spese di chi lavora (che si deve pagare pasti e trasporti), allora chi se ne frega!

“Hei, ti serve una risorsa gratis?

Per la verita’ non lo so, ma dammene due e poi ti faccio sapere.”

Soluzioni possibili? Molte, tutte partono da un principio di etica professionale e onesta’, ma non solo. E’ necessaria cultura imprenditoriale e manageriale, competenza e professionalita’.

Lo so, fa ridere anche me se penso alla realtà delle aziende italiane.

E’ la ragione per cui il paese non si sviluppa ma collassa su se stesso. Prima di investire cerchiamo di guadagnare qualcosa.

He no cari miei, cosi’ non si va da nessuna parte! E poi perche’ a investire devono essere i giovani e a guadagnare chi e’ gia’ affermato?

E’ una logica aberrante e distruttiva. E’ come se un genitore dicesse all’infante appena tira fuori la testa dall’utero mateno: “Bene, benvenuto al mondo, prima vedi di amarmi e rispettarmi di poi valutiamo se darti una poppata”.

“Ha, ricordati di trovare una tata gnocca da presentarmi se no non faccio mica la fatica ti tirarti fuori tutto” e’ il suggerimento del medico che sta effettuando il parto.

Quindi un suggerimento operativo potrebbe essere quello della costituzione di un centro di analisi che si occupa di monitorare con costanza le aziende che decidono di prendere giovani in stage senza dargli un rimborso minimo definito per legge.

Si potrebe chiamare CTSI (Centro di Tutela dalle Sodomizzazioni Involontarie) con duplice funzione: fornire consulenza per l’acquisto di vibratori e divaricatori alle aziende, e agevolazione e supporto per il reperimento dei lubrificanti agli stagisti. Non risolve il problema ma aumenta il divertimento.

Se poi allo sportello ci trovi la Moratti con un vestitino succinto da infermiera il successo e’ garantito.